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La ciminiera Paramatti

La ciminiera Paramatti
Disegno della ciminiera

Nella sua integrità originaria, la ciminiera Paramatti -alta 34 metri, composta all’incirca da 44.000 mattoni- era il segmento terminale di una complessa successione di condotti, pozzi e gallerie utilizzati per il tiraggio di due caldaie [1]  Cornovaglia/Lancashire (preservate per fini museali) e per l’ottimizzazione del recupero termico dei fumi [2].
Innalzata nel 1913, era costituita da due canne concentriche [6]: nient’altro che due camini, uno interno all’altro, affinchè le due strutture, separate da un’intercapedine d’aria, rispondessero in maniera ottimale sia alle sollecitazioni meccaniche del vento, sia alle sollecitazioni termiche dei fumi transitanti al suo interno.
La sua tessitura muraria era costituita dalla combinazioni di due particolari tipi di laterizi, mutuati dagli antichi mattoni pozzali romani: il trapezio (o testa di toro) per la canna esterna, più spessa e con funzioni portanti, ed il gavello. Quest’ultimo è un mattone di forma leggermente ricurva, utilizzato per lo sviluppo della canna interna, più sottile e d’altezza generalmente minore.
L’intero camino [5], del peso stimato di circa 200 tonnellate, era semplicemente appoggiato (esattamente come un comune oggetto sulla superficie di un tavolo) ad un massiccio plinto sotterraneo in calcestruzzo [4], con la forma di un tronco di piramide rovesciato, profondo 2,5 metri e con il lato maggiore di circa 4 metri. In esso era ricavata l’asola d’ingresso del condotto sotterraneo dei fumi [3] provenienti dalle caldaie.
Nel tempo la ciminiera subì due sensibili rimaneggiamenti, che ne modificarono alquanto l’aspetto architettonico. Il primo di questi è datato ai tardi anni ’40 del Novecento e si limitò alla ricostruzione della vetta, danneggiata –secondo quanto affermano concordemente gli anziani lavoratori interpellati- dagli effetti secondari dei bombardamenti alleati in zona. In quella circostanza le elaborate linee del capitello originario vennero sostituite da un più sobrio coronamento di tipo vagamente modernista [7], ripreso nella riparazione successiva. Quest’ultima, molto più impegnativa, venne effettuata nel 1959 e comportò la demolizione e la successiva ricostruzione della metà superiore del fusto, danneggiato da quello stesso uragano che, sei anni prima, abbattè il pinnacolo della Mole Antonelliana.
Il camino, inattivo da un decennio, subì una prima, parziale demolizione nel giugno 1988. In quella circostanza la sua altezza venne di fatto dimezzata al fine di correggere un accentuato disassamento del fusto. Le macerie del segmento superiore furono stivate all’interno della parte mantenuta, mentre venne purtroppo distrutta la lunga insegna in metallo col nome della ditta che ne caratterizzava il lato nord.


Quanto rimaneva della ciminiera Paramatti è stato definitivamente atterrato nel settembre 2005, dopo un accurato rilievo delle parti sotterranee portate alla luce dal cantiere di demolizione dell’intero stabilimento.
I mattoni ancora utilizzabili sono stati recuperati e messi a disposizione dello scultore Johannes Pfeiffer per la realizzazione di una serie di opere mediante cui la memoria dello storico stabilimento potrà ridistribuirsi sull’intera città.