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La fabbrica dei colori. La Paramatti e l'industria settimese ai tempi delle ciminiere

La fabbrica dei colori. La Paramatti e l'industria settimese ai tempi delle ciminiere
Paramatti
 
<<1926 circa. Un piccolo aeroplano sorvola insistentemente lo stabilimento Paramatti di via Torino, scattando una serie di fotografie che, quasi certamente, avrebbero corredato le pubblicazioni per gli ottant’anni della società (fondata a Torino nel 1846) o qualche esposizione celebrativa della produzione industriale sotto il Regime. Una di queste vedute verrà utilizzata per le carte intestate della ditta e per opuscoli vari: ci mostra la fabbrica da nord-est ed ebbe una diffusione relativamente notevole. Di una seconda si perdettero le tracce per un lungo periodo. È una fotografia probabilmente mai utilizzata e pertanto sfuggita ai pesanti ritocchi a cui, normalmente, si sottoponevano le illustrazioni divulgative del tempo. Rappresenta lo stabilimento in tutta la sua evidenza, da sud-ovest, circondato dai modesti fabbricati civili che andavano aggregandosi nel borgo Provinciale, ancora intercalati da ampie estensioni vuote, tenute a orti e a campi.
La via Torino è ancora priva della sua particolare pavimentazione in cemento (risalente solo al 1933 e rimossa nel 2005); in evidenza, le due grandi ville che vi si affacciano – Lanza e Caffarel – e la bassa ciminiera dell’opificio Nicola, già Ubertalli.
Il plesso manca ancora della lunga ala dei magazzini in fregio a via Cavour, dalla quale si spingeva in profondità una fascia di terreno occupata da fabbricati semirurali, tettoie ed orti. La via, in questo tratto parallela al tracciato del tramway, era raggiunta esclusivamente dal fronte della palazzina uffici in cui si apriva l’unico accesso verso nord della fabbrica. Infine, un fitto agglomerato di casette a due piani fuori terra, probabilmente coeve o di poco preesistenti al nuovo insediamento, si insinuava ancora in profondità verso il centro dello stabilimento sul lato di via Torino.
Settimo conta in quegli anni all’incirca ottomila abitanti e la Paramatti sta attraversando una fase congiunturale favorevole, nel pieno recupero finanziario e tecnologico seguito ai difficili anni del primo conflitto mondiale, dove la produzione era assorbita quasi esclusivamente dalle commesse militari. Il settore commerciale viene espandendo la sua rete di vendita verso i mercati nazionali ed esteri; la produzione si arricchisce di nuovi prodotti, quali gli smalti gliceroftalici, le idropitture e gli smaltinitrocellulosici per carrozzeria: indici, questi ultimi, di un nuovo sbocco di mercato nell’emergente industria automobilistica nazionale. Si tratta di una fase peraltro breve, interrotta di lì a pochi anni dalla grande recessione economica che, anche in Settimo, rappresenterà un vero spartiacque fra i destini dell’industria tardo ottocentesca e quella sorta nel primo Novecento: le ricadute locali della Grande Depressione cancelleranno infatti ogni residuo dell’industria tessile; avvieranno il lungo, irreversibile declino del Mulino Nuovo e porteranno altresì alla chiusura dello stabilimento Magliola dopo appena tre lustri di attività. Per contro, sopravviveranno e si rafforzeranno le grandi industrie chimiche quali Paramatti e Schiapparelli, destinate a divenire i principali poli di riferimento dell’industria settimese per almeno i successivi cinquanta anni.>>
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(liberamente tratto da: Vito A. Lupo, "La fabbrica dei colori", Settimo Torinese 2005)